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Qualche sera fa siamo andati a vedere la Mandragola di Niccolò Machiavelli al Teatro Carcano: una commedia/satira sulla corruzione, l’ignoranza e la brama di possesso, travestita da favola tra pozioni, amori e (apparente) lieto fine.

Commedia considerata un capolavoro del Cinquecento, è stata portata in scena con la regia e la scenografia di Jurij Ferrini (Amministratore e Direttore Arstistico del progetto U.R.T.).

In una Firenze del Cinquecento il giovane innamorato e furbo Callimaco, con l’aiuto dei due fidi aiutanti e amici Siro e Ligurio, riesce a ottenere l’amore dell’amata Lucrezia ingannando il poco astuto e anziano marito della donna, messer Nicia, non senza il supporto di un corrotto prete.

Tra pozioni, battute e amore, prende vita sul palco una divertente commedia dagli effetti scenici piacevoli e ricercati.

L’antico si fonde col moderno: scenografia che riporta in luoghi e arredamenti dal sapore vintage unita a luci e musiche che vintage non sono; parlata antica, ma veloce come quella più schietta e diretta dei nostri giorni; gag dall’ambientazione antica, ma dal contenuto estremamente attuale.

Dietro alle vicende dei protagonisti, che strappano più di una risata allo spettatore, nella commedia si nasconde in realtà l’allegoria di un’Italia che scivola lontana da morale e valori e si lascia abbindolare da basse e meschine brame di potere.

Il rimando all’Italia ci viene comunicato attraverso la scenografia: sui palazzi della Piazza di Firenze appare disegnata l’Italia, affiancata però dal disegno di banconote, attirando fin da subito l’attenzione del pubblico sul tema della corruzione e del potere del denaro.

La commedia scorre piacevole a ritmo allegro con originali momenti musicali. La simbologia che corre tra le righe della commedia è chiara e con l’ultima scena spingerà a una riflessione anche lo spettatore più pigro: davvero è questa la felicità? L’apparenza che tutti abbiano ottenuto quello che desideravano? Anche se tutto è frutto di un inganno?