Category: spettacolo.

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Siamo entusiasti di annunciare che oggi, con il lancio del nostro bando nazionale, inizia la ricerca di 10 spettacoli (corti teatrali) di alta qualità da portare a Feltre (BL) il 23-24-25 Giugno 2017, per proporli nel contesto di un evento molto speciale.

L’opportunità nasce da un accordo di collaborazione raggiunto con il Jazzit Fest, promotore ogni anno di un evento itinerante organizzato in un piccolo comune di una regione d’€™Italia (ogni anno diversa) e che per tre giorni aggrega centinaia di artisti in una stimolante residenza artistica e creativa. Se fino all’anno scorso questa residenza artistica era dedicata soprattutto alla musica, da quest’anno grazie al nostro coinvolgimento, i migliaia di visitatori di Feltre potranno godere anche di performance teatrali sui 30 palchi messi a disposizione dell’organizzazione.

Ora sta a noi di Corti Teatrali portare a Feltre 10 spettacoli di alta qualità che rispecchino a pieno i valori del festival, e vogliamo farlo però aprendo la chiamata a tutti gli interessati. Per questa ragione abbiamo indetto un bando (con scadenza il 15 maggio 2017) dal quale vogliamo attingere per scovare talento ed originalità di artisti da tutta Italia.

Per i dettagli sul bando, la procedura di selezione, i premi per i vincitori e tutte le questioni logistiche, vi invitiamo a prendere visione del documento a questa pagina: http://cortiteatrali.com/bando2017

Quindi, se tu fossi un artista, autore, regista, o facessi parte di una compagnia teatrale, speriamo parteciperai al bando nazionale e ti auguriamo un grosso in bocca al lupo! Sarebbe fantastico poi vederci tutti a Feltre il 23-25 giugno!

Vai al bando ora: BANDO 2017.

Ah, dimenticavamo! Ora che hai letto queste novità…. non essere avido, e condividi questa notizia con amici e colleghi teatranti – basta uno SHARE e certamente lo apprezzeranno, dai! 😉

[Per qualunque dubbio, delucidazione o curiosità, ricorda che puoi sempre contattarci per e-mail (ciao@cortiteatrali.com) oppure per cellulare al 3407766801.]

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Ma quante persone di talento si lanciano ogni anno nel fantastico mondo del teatro? Domanda difficile alla quale rispondere in modo analitico. Non lo sappiamo precisamente, ma certo di belle sorprese, che ci facciano pensare che questo numero sia alto, ce ne sono sempre tante.

Stasera, ad esempio, abbiamo avuto la bella fortuna di assistere al saggio degli studenti del 3° anno di Quelli di Grock, cimentatisi nel bel testo “Settimo Cielo” di Caryl Churchill (titolo originale “Cloud Nine” del 1979).

Come anticipato nel programma di sala firmato da Gaddo Bagnoli (loro insegnante), con questo testo gli attori hanno avuto un compito alquanto difficile, dovendo portare in scena una “seria-comicità” (e noi aggiungeremmo “tragica-comicità”), spesso trattando temi drammatici profondi e difficili con farsa, impostazione caricaturale, teatro non-naturalistico, gioco degli equivoci e altro. Ci sembra evidente che, sotto la buona direzione dell’istruttore, gli attori abbiano lavorato e sperimentato molto per giungere alla rappresentazione di stasera e l’effetto sulla sala è stata la prova del buon lavoro svolto.

Il prodotto finale è assolutamente di tutto rispetto e meritevole di uno spettacolo teatrale professionale. Le risa (alle volte dal retrogusto amarognolo), ancor prima degli applausi, ne sono stati la conferma. Faremmo un torto al gruppo, che ci è sembrato ben assortito e in ottima sintonia gli uni con gli altri, menzionando chi si è distinto in modo particolare. Il talento è stato veramente ben distribuito. Bella anche la necessaria alternanza di più attori nei panni dello stesso personaggio, esigenza dovuta a causa del numero di studenti superiori rispetto ai personaggi del testo originale.

Vi consiglieremmo vivamente di andarlo a vedere, se non fosse già, giustamente, ‘SOLD OUT’. Vi possiamo quindi solamente suggerire di tenere presenti tutti i nomi degli attori, perché siamo certi che li rivedrete in altre interessanti performance di indubbia qualità in un prossimo futuro!

Bravi quindi Silvia Casciano, Andrea De Santis, Andrea Fassari, Marco Fragnelli, Paolo Lavana, Beatrice Maistro, Greta Milani, Alessandro Negri, Marina Pellegrino, Andrea Salierno, Giulia Sergi e Valeria Torresan.

Un grazie importante però va alla Scuola di Quelli di Grock, che comunque rimane una delle realtà teatrali più preziose per la città di Milano e non solo. Non ci fossero queste scuole dal grande carattere, il tanto talento intorno a noi non avrebbe mai modo di sbocciare così bene.

Deliziati da questa nuova bella sorpresa di talenti crescenti, possiamo solo sperare di rivederli spesso sui palchi intorno a noi e magari anche su quelli di Corti Teatrali.

#vivailtalento nel teatro e intorno a noi!

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Qualche sera fa siamo stati molto fortunati nello scoprire, quasi per caso, al Teatro Libero di Milano lo spettacolo “Terra di Rosa” (monologo sulla tormentata ed intensa vita di Rosa Balistreri) scritto, diretto ed interpretato da Tiziana Francesca Vaccaro. Si è trattato veramente di una bella sorpresa, non solo per lo spettacolo in se, ma anche per il contesto che lo accompagnava.

Terra di Rosa difatti è presentato in questi tre giorni (l’ultima replica è tra poche ore, alle 17h00, al Teatro Libero di via Savona 10, Milano) all’interno di un programma teatrale chiamato Palco Off (ideato da Francesca Vitale), che si prefigge di portare in tour nazionale spettacoli, attori e autori della bellissima e ricca terra di Sicilia. Il programma tra l’altro regala un’esperienza che appaga tutti i sensi, con una degustazione ben curata di cibi e vini locali ed anche l’esposizione, in ogni serata, di almeno un’opera d’arte di artisti sempre dell’amata terra del sole.

Lo spettacolo di Tiziana Francesca Vaccaro, come già accennato, è un ottimo lavoro, sia per contenuto e cura della produzione, sia per l’incredibile storia che racconta. Per chi non conoscesse Rosa Balistreri, si tratta di una donna nata da umili origini in Licata nel 1927 e che nella sua vita divenne per varie vicissitudini e per una sua fortissima tenacia, una famosa cantantastorie e musicante Siciliana, nonchè vera e propria icona moderna della Sicilia, con grandi suoi estimatori quali Buttitta, Sciascia, Guttuso e Dario Fo (con chi collaborò anche in teatro per lo spettacolo Ci Ragiono e Canto nel 1966). Qui potete leggere qualcosa in più su di lei oppure ascoltare questa sua bellissima interpretazione di “Mi votu e mi rivotu” mentre leggete questo post.

L’attrice Vaccaro, nel suo monologo di poco più di un’ora, con equilibrio, attenzione ai dettagli (sia fisici che del testo) e con incondizionata passione, sa portare alla luce e farci conoscere soprattutto la donna, prima che l’icona, Balistreri, attraverso una selezione attenta di aneddoti della sua vita. Lo spettacolo cresce e coinvolge lo spettatore sempre più, prima sorprendendolo con storie di vita che (per la loro atrocità e tristessa) si desiderebbe fossero false, e poi trascinandolo emotivamente nella storia, sino ad un momento preciso (simbolicamente molto forte) dove le parole non sembrano servire più per raccontare la storia della Balistreri. Alle parole dell’attrice si sostituiscono quindi solo una serie di movimenti fisici, ripetitivi, a volte violenti, a volte sinuosi, che scandiscono le tante fasi di vita della cantastorie Sicula… in qualche modo proprio come se quei gesti fossero strofe di una canzone, melodramma di una vita vissuta sempre con ardore e desiderio di libertà.

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Se non riuscite ad andare oggi al Teatro Libero per vedere questa emozionante performance, ma vi interessa saperne di più di questo spettacolo e dell’artista, visitate il loro sito officiale: http://terradirosa.it/ – potrete quindi seguirla in qualche tappa futura.

Nel frattempo vi salutiamo, con la promessa che seguiremo al meglio l’artista Tiziana Vaccaro, che ci ha regalato proprio una bella e memorabile serata teatrale!

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Qualche sera fa siamo andati a vedere la Mandragola di Niccolò Machiavelli al Teatro Carcano: una commedia/satira sulla corruzione, l’ignoranza e la brama di possesso, travestita da favola tra pozioni, amori e (apparente) lieto fine.

Commedia considerata un capolavoro del Cinquecento, è stata portata in scena con la regia e la scenografia di Jurij Ferrini (Amministratore e Direttore Arstistico del progetto U.R.T.).

In una Firenze del Cinquecento il giovane innamorato e furbo Callimaco, con l’aiuto dei due fidi aiutanti e amici Siro e Ligurio, riesce a ottenere l’amore dell’amata Lucrezia ingannando il poco astuto e anziano marito della donna, messer Nicia, non senza il supporto di un corrotto prete.

Tra pozioni, battute e amore, prende vita sul palco una divertente commedia dagli effetti scenici piacevoli e ricercati.

L’antico si fonde col moderno: scenografia che riporta in luoghi e arredamenti dal sapore vintage unita a luci e musiche che vintage non sono; parlata antica, ma veloce come quella più schietta e diretta dei nostri giorni; gag dall’ambientazione antica, ma dal contenuto estremamente attuale.

Dietro alle vicende dei protagonisti, che strappano più di una risata allo spettatore, nella commedia si nasconde in realtà l’allegoria di un’Italia che scivola lontana da morale e valori e si lascia abbindolare da basse e meschine brame di potere.

Il rimando all’Italia ci viene comunicato attraverso la scenografia: sui palazzi della Piazza di Firenze appare disegnata l’Italia, affiancata però dal disegno di banconote, attirando fin da subito l’attenzione del pubblico sul tema della corruzione e del potere del denaro.

La commedia scorre piacevole a ritmo allegro con originali momenti musicali. La simbologia che corre tra le righe della commedia è chiara e con l’ultima scena spingerà a una riflessione anche lo spettatore più pigro: davvero è questa la felicità? L’apparenza che tutti abbiano ottenuto quello che desideravano? Anche se tutto è frutto di un inganno?

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Qualche settimana fa abbiamo passato una piacevolissima serata al locale Masada di Milano, assistendo ad uno spettacolo delle Jellyfish (dal titolo “Menù poetico con qualche intermezzo patetico”). Ora, mentre non sappiamo quando potrete assistere allo stesso tipo di spettacolo in questo locale in futuro, abbiamo pensato fosse comunque interessante parlarvene, perché ci è piaciuto molto sia il locale che queste tre artiste molto talentuose, anime creative appunto del gruppo delle Jellyfish.

Prima di tutto, come vi accennavamo, abbiamo trovato il locale Masada (http://www.masadamilano.it/) molto interessante! Si tratta di una associazione culturale, aperta recentemente, in viale Carlo Espinasse 41 (zona Certosa). L’ambiente è accogliente, con una particolare attenzione ad un interior design che in modo originale miscela arredamenti stile anni 50-70 con installazioni originali (tra le quali la più impressionante è quella di un rottame di areoplano probabilmente di inizio secolo, mancante di un’ala, appeso al soffitto del locale). Ci piace la frase di T.S.Eliot che riportano sul loro sito probabilmente per descriversi: “Mescoliamo memoria e desiderio”.

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[Una foto del locale Masada, che offre al pubblico un’accogliente ambiente con tavolini e divani per tutti]

Dopo aver approfittato della calda ospitalità dei gestori del locale, aver ordinato un piatto di penne all’amatriciana accompagnate da un ‘amichevole’ bicchiere di vino rosso, ci siamo seduti ad un tavolino in attesa dell’inizio della performance delle Jellyfish. Poco dopo, siamo stati accontentati.

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[Le 3 ragazze “jellyfish” all’opera sul palco del Masada]

Le Jellyfish sono un trio composto da tre giovani attrici, cantanti, ballerine (insomma performers a 360 gradi). Si chiamano Paola Crisostomo, Miriam Giudice ed Annalisa Asha Esposito e questo trio molto originale, nato circa due anni fa, con tanta freschezza e simpatia si presenta al pubblico tra qualche battuta ed un medley di canzoni ben arrangiate. Ma il ‘pezzo forte’, o meglio la sostanza del loro spettacolo, deve ancora arrivare. Difatti, prima di salire sul palco, le tre performers erano passate tra i tavoli del locale, lasciando a tutti un ‘menú’ dal quale poter ordinare. Ma non si tratta di un menú al quale siamo abituati: sul loro, difatti, anche se classicamente divisi comunque tra antipasti, primi, secondi, etc., si trovano titoli di poesie/testi e loro autori. È questa la loro originale peculiarità: si tratta in qualche modo di tre ‘chef della performance’ che accontentano gli spettatori servendo loro quello che più desiderano vedere/ascoltare.

Le Jellyfish appunto, dopo la loro presentazione sul palco, sono pronte a prendere “ordinazioni”, tavolo per tavolo: in questo sta l’originalità e la bellezza della loro performance. Mentre le persone agli altri tavoli tornano quindi alle loro chiacchiere dopo aver assistito alla loro presentazione corale, le tre ragazze si fermano da chiunque desideri fare una richiesta e poi, con grande coinvolgimento e stile, recitano (o cantano, a volte) i pezzi ordinati. A volte divertenti, altre volte passionali o irriverenti, il trio interpreta i pezzi in modo sempre coinvolgente, soprattutto perché a differenza di altre performance, in questo caso le attrici sono li, con te, al tavolo. In questa intimità della performance e nella capacità delle tre ragazze, sta il valore di questo spettacolo.

Immaginate quanto possa essere bello poter alzare cordialmente la propria mano ed accompagnando le parole da un sorriso, dire: “Mi scusi, una performance per favore!” e veder giungere al proprio tavolo le tre attrici pronte a far sognare te ed i tuoi compagni commensali.

Neanche a dirlo, la serata, il locale e la performance in se ci è piaciuta molto e speriamo di ritrovare le Jellyfish in altri locali di Milano (e non solo) perché siamo certi che il loro talento e questa originale trovata della ‘performance al tavolo e su ordinazione’ renderà il locale dove si esibiranno e la serata in se assolutamente memorabile!

[Se volete rimanere aggiornate sulle attività delle Jellyfish, potete fare Like alla loro pagina di Facebook. Abbiamo comunque saputo che le prossime date in calendario saranno: il 28 aprile a Casa Merini in via Magolfa 32, il 29 aprile al Masaccio in via Masaccio 19 e il 3 Maggio alla Libreria Tiritera in via Govone 30. Enjoy!]

 

 

 

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Ieri sera siamo stati ospiti di HomeMade54, un appartamento dall’ambiente accogliente e molto originale, nel cuore della città di Milano, il quale periodicamente si trasforma in un posto speciale dedicato a serate di arte e cultura abbinate ad una buona cucina.

HomeMade54, associazione fondata dai padroni di casa Mario De Nisi e Chiara Perugini, insieme ad altri 6 appassionati di arte e cultura, riesce ad ideare delle serate molto originali, combinando in modo semplice ma profondo rappresentazioni di teatro, ottima musica ed una buona cucina. Mentre Mario e Chiara (ed altri collaboratori) si dilettavano ai fornelli preparando un buon piatto di anatra (ma anche con versioni vegetariane e vegane disponibili), un musicista talentuoso, elegante (in stile anni ’20) ed eclettico, Domenico Vincenzo Venezia, intratteneva i circa trenta ospiti con virtuosismi al pianoforte, da pezzi di swing ad affascinanti momenti di ragtime. Dopo aver conosciuto alcuni dei vari partecipanti alla serata, il momento teatrale inizia.

Il titolo della performance è “Pulp Reading Post Human”, quarto ed ultimo momento di una piccola serie di performance che ha visto il bravo e vulcanico Leonardo Merlini (come autore e performer) insieme all’attento e creativo Federico Ventura (come autore e regista) trattare in modo inaspettato, originale, appassionato e anche in qualche modo “funambolico” il tema della nostra esistenza, come umani, in uno spazio solo ipotizzabile come era dell’extra umano. Leonardo e Federico lo fanno in modo accattivante e provocatorio, con citazioni letterarie classiche (e.g., Kafka e Beckett) alternate a riferimenti di cultura contemporanea popolare, ma non per questo meno artistici (e.g., il video di Bjork per All Is Full of Love –  o una delle scene più memorabili del film Blade Runner, “Tears in Rain”, ispirato dal romanzo di Philip Kindred Dick – ).

Una serata veramente speciale, che consigliamo a tutti quelli che non solo hanno piacere, ma spesso hanno la innata necessità di continui stimoli culturali, non limitati dagli inutili confini di un’arte o di un pensiero rispetto ad un altro.

Per rimanere aggiornati sugli eventi di HomeMade54 visitate la loro pagina su Facebook, riportata a fine post. Neanche a dirvelo, se vi piace rimanere aggiornati su tutto quello che tratta di performing arts a Milano e non solo, iscrivetevi alla nostra newsletter. Saremo sempre attenti a presenziare ad i tanti eventi della città e ve li racconteremo subito dopo!

 

 

 

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Non lo conoscevo il Teatro della Contraddizione (http://www.teatrodellacontraddizione.it/) e ora che ci sono stata per una sola serata credo non lo abbandonerò più.

Il 22 dicembre hanno messo in scena uno spettacolo dal titolo “Racconti di Natale – Storie, canzoni e poesie sporche di neve pulita”. Difficile rendere le emozioni che ho provato quella sera, ma ci proverò.

Il Teatro della contraddizione non è un teatro come quelli che siamo soliti vedere, è diverso, originale, scardina alcune immagini che siamo abituati a legare alla parola “teatro” e la arricchisce di calore e rapporto umano. La hall del teatro è un posto creato per far sì che le persone, in attesa dello spettacolo, possano parlare e conoscersi. Non è uno spazio formale, trasuda passione, quella di chi quel posto l’ha creato e voluto. La sala della rappresentazione è diversa dai soliti teatri, anche se mantiene tutta quella magia che si crea davanti a un palcoscenico.

Lo spettacolo ha inizio e da lì, per un’ora e mezza, sensi e sentimenti sono impegnati a lasciarsi trasportare dalla voce profonda ed espressiva di Vincenzo Costantino, detto Cinaski, poeta, scrittore e cantautore che da anni porta per l’Italia la sua poesia e le sue letture musicate. Lui è seduto al centro della scena, a sinistra Mell Morcone accompagna le parole di Cinaski con la melodia del pianoforte, a destra Raffaele Kohler le accompagna col suono nostalgico e graffiante della sua tromba. Luci calde li illuminano, mentre Cinaski ci porta in un viaggio bellissimo, quasi come assistessimo a un film, tra le parole di tre brani e di tre canzoni.

pic for blog aleA fine spettacolo il Direttore Artistico del teatro e il suo team invitano gli spettatori a fermarsi per degustare un buon bicchiere di vino e, perché no, a continuare la conoscenza iniziata nella hall del teatro e a scambiare impressioni e racconti con gli artisti. Ironia, malinconia, amara tristezza, piacevole realtà, poesia, dolcezza, ricordi che si risvegliano, luci, colori, calore, il piacere di confrontarsi, di conoscere e conoscersi… tutto questo e molto di più è quello che l’arte di quella sera del 22 dicembre ha suscitato.

 

HAPPY CHRISTMAS

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Qualche sera fa ci siamo trovati ad assistere ad uno spettacolo molto originale scritto e diretto da Simona Migliori e Paolo Trotti, che da qualche sera va in scena al Teatro dei Linguaggi PossibiliHAPPY CHRISTMAS.

Dopo aver fatto quattro chiacchiere amichevoli a fine spettacolo con due dei quattro attori in scena (Sergio Di Vincenzo e Paolo Trespidi – gli altri due attori sono Claudia Dalia Bucur e Michele Agrifoglio), capiamo che l’opera è frutto del lavoro di improvvisazione di un laboratorio che li ha visti partecipi negli ultimi mesi.

Il risultato finale è uno spettacolo tanto divertente quanto profondo ed, a tratti, anche disorientante. È evidente il lavoro introspettivo fatto dai vari attori che portano alla luce la decadente vita di un trio dello spettacolo e del suo manager che dopo un successo rapido e dirompente nei primi anni ’60 si ritrovano, dopo un altrettanto veloce declino dovuto ad una faccenda “passionale”, a gestire la difficile vita dell’apparentemente irrecuperabile oblio…. fino al momento in cui il telefono squilla nuovamente. Coglieranno la nuova opportunità di rivalsa?

La cosa che ci ha colpito di più (certamente merito sia del testo che dell’interpretazione dei quattro attori) è questo altalenarsi di sentimenti in cui trascinano lo spettatore, spesso zavorrandolo nell’empatica pietà per questi personaggi falliti, per poi inscenare scene talmente comiche e surreali da far scattare grasse risate.

Una fantastica sorpresa in uno dei piccoli scrigni della performance di Milano. Grazie sia al Teatro dei Linguaggi Possibili che a tutti i performers ed autori. Ora… Happy Christmas a tutti!

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Domenica pomeriggio: il teatro Franco Parenti ci accoglie in un’atmosfera invitante, a tratti misteriosa e sicuramente un po’ magica come tutti i teatri.

Attendiamo che aprano la sala per vedere il monologo Kostja Territorio straniero interno, regia di Lara Franceschetti (attrice, autrice di testi teatrali e regista, ha lavorato con numerose compagnie teatrali ed è specializzata in danza e teatro-danza), interpretato da Riccardo Raffaele Bozano.

Ecco che una maschera ci annuncia che possiamo entrare nella sala, ma ci raccomanda di entrare nel pieno rispetto degli artisti che sono già in scena. Entriamo e ci sediamo.

Non c’è un sipario, non c’è un palco. La sala è piccola, ci sono delle gradinate, disposte come un piccolo anfiteatro, con cuscini rossi per noi spettatori. Davanti a noi tutto è pronto. Luci soffuse, una scenografia molto bella di piante e foglie secche. Sulla sinistra di questo palco immaginario, rannicchiato su un ceppo di legno c’è lui, Kostja. Al lato opposto, a destra, una presenza gentile di ragazza che, con il suo violino, scandirà con eleganza e discrezione i momenti salienti del monologo.

La rappresentazione dura circa un’ora. Un monologo intenso. Kostja ci porta in uno spazio/tempo parallelo attraverso le sue riflessioni, chiare, urlate, forti, ma anche introspettive, sussurrate, a volte ripetute come nenie dolorose.

E’ un viaggio dentro di sé, alla scoperta di se stesso, con domande e riflessioni, che tocca amore, arte, relazioni… ascoltare ed essere ascoltati… Già, un monologo fuori dallo spazio e dal tempo ma così attuale: la necessità di ascoltare ed essere ascoltati. Mai fu argomento più attuale. In un mondo dove si urla nessuno ascolta veramente e nessuno è veramente ascoltato.

ale post 3Forse Kostja non è così lontano da tutti noi nelle sue deliranti riflessioni, forse un po’ di quel caos, di quelle speranze, di quelle passioni, di quei desideri e di quelle domande è anche dentro di noi…

Interpretazione, scelte di regia, scenografia e ambientazione hanno fatto sì che questo monologo lasciasse un segno ben definito nel pubblico.

 

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“Due donne che ballano” è una storia di forte sofferenza e di complicità, raccontata attraverso una sfaccettatura di modi d’essere di cui solo le donne sono capaci.

L’autore di “Due donne che ballano” è Josep Maria Benet I Jornet, considerato uno dei massimi autori del teatro spagnolo contemporaneo e il padre del teatro catalano.

La rappresentazione, prima produzione del Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano nato a gennaio 2015, è stata diretta dalla regista Veronica Cruciani. Le due protagoniste, Maria Paiato e Annamaria Scommegna, importanti rappresentanti della scena teatrale italiana, rappresentano un’anziana signora e la sua badante.

La scena si apre sull’interno di un appartamento, umile ed essenziale, l’unica nota di colore la danno una vecchia radio e una libreria colma di libri, che durante lo spettacolo scopriremo essere fumetti. Le due donne ci portano attraverso uno spaccato di vita che è trasversale a generazioni e luoghi. I tratti del carattere, di entrambe, duri e sofferti, sono il risultato di una vita che le ha messe duramente alla prova, ma invece di lottare supportate da quell’aiuto che dovrebbe arrivare dalle persone vicine, da quelli che dovrebbero essere gli affetti, sono state lasciate sole. Figure assenti tra mariti e figli, violenze fisiche e dell’anima, portano le due donne a temprare i propri caratteri.

Le tematiche forti che veniamo a scoprire poco alla volta portano lo spettatore a un moto di sentimenti vero, consapevole che il racconto di solitudine, ma contemporaneamente di profonda solidarietà femminile, è quanto mai più che reale. Due donne fragili, ma energiche che, sotto la scorza dura che si sono dovute costruire, ancora hanno la forza di ironizzare anche nei momenti più tragici. Due donne che ballano perché la musica e il ballo ricorrono più volte nella pièce, ma solo nel finale il ballo assume tutto il suo significato: abituate a ballare da sole in una vita che non è stata gentile, finalmente hanno trovato una compagna di ballo a cui appoggiarsi e con cui lasciarsi andare e cullare fra le onde del destino.

Un’ora e quaranta di rappresentazione che vola, le due attrici sempre in scena, una recitazione impegnativa fisicamente e psicologicamente, dai toni forti, sofferenti, singhiozzanti e disperati, ma anche piacevolmente ironici.

Un’ora e quaranta per riflettere accompagnati dalla forza e dalla sensibilità di due grandi donne.